Iniziative 2002 Parroco in Russia "a riposo forzato" Rassegna stampa   
Il Lievito - Giugno 2002 - pagina 12 e 13  [Mensile di attualità e cultura delle parrocchie melzesi]



Padre Stefano Caprio - che ha 42 anni - é stato il primo tra i sacerdoti cattolici ad andare in Russia, al tempo di Gorbacev, nel 1989, ed ha visto da Mosca il crollo del Muro di Berlino.

E' stato cappellano dell'ambasciata italiana ed ha fondato alcune parrocchie nella Russia centrale.

Ora è parroco nelle città di Vladimir e Ivanovo - un territorio grande come Lombardia e Piemonte - dove sono presenti comunità cattoliche di 500 fedeli.

Padre Stefano Caprio usa linguaggio diretto, senza giri di parole. Denso, pieno di riferimenti a fatti. Professore all'Istituto di teologia "S. Tommaso D'Aquino" e alla più laicista università di Mosca, la "Statale Umanistica RGGU", i suoi giudizi sono fondati sulla esperienza personale e su una profonda conoscenza del contesto complessivo: storico, culturale, religioso, socio-economico. Chi qualche giorno dopo leggerà l'intervista rilasciata a Vittorio Strada dal suo vescovo - Mons. Kondrusiewicz, arcivescovo di Mosca - potrà riconoscervi una identità di giudizi davvero significativa.
La sala della Parrocchia Sacro Cuore: gremita. Al termine della prima parte dell'incontro le domande sono come la spia del grande interesse. E della sorpresa. Tantissime (12): qui si può solo riportare qualche breve accenno ai punti che ci sono sembrati più rilevanti.

Il fatto
L'8 aprile 2002 il Console russo gli ha comunicato il divieto a rientrare in Russia, aggiungendo di non essere autorizzato a spiegarne i motivi e non ha risposto alla richiesta di restituzione del visto - sottrattogli di nascosto dalla polizia dell'aeroporto di Mosca qualche giorno prima.
"Poteva essere un fatto grave ma isolato" dice padre Caprio, ma è diventato il segno della decisione della Russia di mostrare il proprio volto nel momento in cui ha bisogno di dare un segnale all'occidente quando il 19 aprile il caso si ripete a Monsignor Jerszy Mazur, vescovo a Irtkusk. Ora si parla anche di una lista di 10-20 altri candidati all'espulsione: sono 180 i sacerdoti che non hanno passaporto russo e che sono con la spada di Damocle sul capo.
Si tratta di un attacco ai diritti umani e civili, oltre che negazione della libertà religiosa (anche perché i parrocchiani restano senza il loro parroco); un fatto imprevisto, legato più che altro alla politica, o alla politica religiosa. Sembra proprio una ritorsione dopo la costituzione di diocesi regolari invece delle 4 amministrazioni apostoliche esistenti.

Il nazionalismo messianico russo
E' una cosa difficile da capire, il nazionalismo russo. E lo è soprattutto per noi italiani, che siamo il meno nazionalista dei paesi del mondo. In Russia vivono 300 popoli che hanno 400 lingue ed occupano 1/6 delle terre emerse; dimensioni gigantesche di un impero secolare che sempre, anche oggi, aspira ad un predominio nel mondo.
Oltre che la dimensione di potenza geopolitica, interviene un elemento religioso. La Russia si sente l'ultimo paese che ha ricevuto il cristianesimo originario, quello dei popoli che poi hanno costituito l'Europa cristiana del primo millennio. Essa ha infatti ricevuto il battesimo nel 988 ed è la più giovane delle chiese antiche. Nell'interpretazione storica, i russi si sentono gli unici che hanno conservato il vero cristianesimo: essi hanno in qualche modo trasferito questo pensiero nell'ideologia nazionale e si sentono il popolo che ha la chiave per salvare il mondo. Quindi quello russo è un vero nazionalismo messianico. "Già per noi è difficile da capire il nazionalismo, figuriamoci il nazionalismo messianico! Questo rende la Russia difficile da capire", dice padre Stefano.

Riforme, apertura e chiusura
Il popolo russo ha conosciuto solo brevi periodi di democrazia, a differenza di altri Paesi dell'Est (come Polonia e Repubblica Ceca) che dopo la caduta del comunismo più rapidamente hanno saputo introdurre riforme nel loro ordinamento.
Anche l'apertura verso occidente è stata sporadica. Quella di Pietro il Grande nel '700 (realizzata tagliando la testa agli oppositori e con il motto: "Aprirsi all'occidente, prendere il buono e mostrare il sedere"); quella di Alessandro I nell'800, che dopo la vittoria su Napoleone e la conquista di Parigi inizia una politica di riforme, ma dopo 2 anni manda nei lager il primo ministro incaricato di realizzarle. E da ultimo nel '17, nei 6 mesi di governo socialdemocratico precedenti la rivoluzione.
Ogni "finestra" di apertura verso occidente ha sempre visto anche movimenti opposti, di riequilibrio interno. Questo è accaduto pure nell'ultimo decennio, quello di Eltsin, che ha visto una grande modernizzazione ("non auguro a nessuno di vivere la nascita del capitalismo da una società come quella comunista: è la violenza allo stato puro: soprusi, inganno, corruzione", dice padre Stefano), con lotte interne, bancarotta del paese e necessità di una nuova chiusura.
E' solo in un ampio contesto che si può iniziare a capire ciò che è accaduto, contesto che assume lo schema usuale: all'estero accordi commerciali e all'interno demonizzazione dell'occidente e censura. Putin, ex capo del KGB, l'uomo forte che deve ridare ruolo e dignità alla nazione. E che non esita a chiudere tutti i giornali e le tv di opposizione.

La persecuzione e la rinascita religiosa
La Chiesa cattolica ha soccorso per quanto possibile e a caro prezzo la Chiesa sorella ortodossa durante le persecuzioni comuniste. La rinascita religiosa è stata un fenomeno evidente agli inizi degli anni '90, ma superficiale e incapace di affrontare un contesto così diverso come quello del post comunismo. Si è subito esaurita.
Ora in Russia moltissimi si dicono ortodossi, "ma [quasi] nessuno va in chiesa". Le chiese ortodosse erano 30 mila a inizio '900, diventate poi 4 mila e adesso sono 15 mila (quelle cattoliche erano 250, diventate 2 e adesso 200 - molte delle quali nei territori di deportazione in Siberia). "E' bene, ma non è sufficiente" , osserva padre Stefano.
E la liturgia, cui la Chiesa ortodossa è molto attenta "aiuta, ma non è automatico che faccia crescere la fede"; anzi si nota l'espandersi di un fenomeno religioso superficiale e legato all'esteriorità. Una religiosità iniziale accanto alla quale la fede vissuta è pratica di una minoranza.

L'unità e un nuovo bipolarismo
L'ortodossia vive strutturalmente una situazione di disunione. A differenza della Chiesa cattolica, in cui Pietro è principio di unità vissuta, quella ortodossa fonda l'unità sul Concilio universale - non più convocato dopo la divisione dalla Chiesa cattolica, cioè da circa 1.000 anni.
Analogamente, mentre il cattolicesimo è universalista e non si identifica su base etnica, l'ortodossia ha assunto un significato nazionale per cui "russo = ortodosso", anche se si tratta di persone non praticanti o non battezzate.
La fine della persecuzione ha presentato un problema nuovo per la Chiesa in Russia. Da una parte l'approccio cattolico, minoritario, che opera nella realtà con uno spirito di trasformazione. Dall'altra l'ortodossia (nata per affermare una differenza e per difendersi dai nemici) che si regge su antiche tradizioni e su riti che faticano di fronte all'emergere di uno stile di vita diverso, influenzato dagli usi occidentali - spesso da quelli più discutibili.
"Guardando cosa succede in Russia, si capisce di più l'Europa", conclude padre Stefano. Si può vedere nei fatti russi, come in uno specchio, ciò sta accadendo anche in Europa. Infatti, dopo la fine della contrapposizione comunismo-occidente, si va delineando in Russia un modo di pensare improntato alla logica bipolare che è comune a livello mondiale - quella che contrappone global/no global, Bin Laden / Bush, ecc. E' il contesto in cui si fa spazio la tensione tra le due comunità. In una logica bipolare in ognuna delle due parti ci si sente "i più buoni, dalla parte giusta". I russi pensavano esattamente le stesse cose che pensava Reagan: "Loro sono i cattivi, l'impero del male, e dobbiamo eliminarli". Questo, conclude padre Stefano "è il modo di distruggere la realtà, perché invece tutti siamo un po' buoni e un po' cattivi: dire che cattivo è solo l'altro, serve solo a sentirsi a posto". Ma poi esplodono i problemi.
E qui si chiude l'intervento di Padre Caprio

a cura di Enea Ciocca e Paolo Gargantini


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