Iniziative 2006 Il Papa, l'Islam... e noi? Incontro   
Giuseppe Bolis
docente di Teologia all'Università Cattolica di Milano
 
 
"Andate e verificate se tutto quanto abbiamo detto questa sera è vero. Allargate la ragione, interrogatevi su di essa, applicatela alla vostra vita quotidiana: ne va di essa!"
 
Con queste parole don Giuseppe Bolis, docente di teologia all'Università del Sacro Cuore, ci ha lanciato la sfida positiva dopo averci accompagnato nella spiegazione del grandioso ed epocale discorso di Papa Benedetto XVI a Ratisbona.
 
Il professor Bolis ci ha mostrato la potenza e la bellezza della provocazione lanciata dal Papa accompagnandoci come in un volo d'aquila sopra le vette dell'ampiezza della ragione, quando non è limitata dall'ideologia. Di un uso della ragione che non si oppone alla fede ma la sostiene, di uno sguardo sulla realtà, anche quotidiana, che non nega nulla. Don Bolis ha portato esempi dalla sua esperienza di uomo e di insegnante: una per tutte, l'assidua presenza al suo corso di una studentessa, atea dichiarata, per seguire una corrispondenza inattesa del suo cuore. Infatti la ragione è esigenza strutturale di un significato totale dell'esistenza.
 
A Ratisbona il Papa pone subito delle domande: che concezione abbiamo della ragione? Che uso ne facciamo? L'Università nacque per portare al culmine la ragione, strumento unificante di tutto l'uomo: è ancora così? La ragione si oppone alla fede? Il mondo creato è razionale e l'uomo è dotato di una ragione adatta a poterlo indagare e comprendere. Attraverso questa indagine, questo rapporto con la realtà l'uomo può riconoscere il suo Artefice. Quindi un Dio che è Logos, cioè ragione (logica) e comunicazione (parola): un Dio che desidera farsi conoscere, che dimostra amore all'uomo. Ecco quindi la differenza del Dio cristiano da tutte le altre concezioni: un Dio che è ragione e amore ("Deus caritas est"). La fede è quindi il frutto della ragione, e riconoscendo l'Amore è contraria alla violenza. Questa concezione di Dio ha formato l'Europa: arrivare a concepire un Dio razionale è il culmine della tradizione greca e con la rivelazione cristiana Egli si rivela anche Amore.
 
Ma nel settecento l'Europa ha iniziato a staccare il logos umano da quello divino. Questa forzatura, fatta per mettere al centro l'uomo ha dato frutti velenosi nei secoli. Dapprima il dualismo: la fede è estranea alla ragione (illuminismo) e la libertà è senza vincoli. Nell'ottocento ricorre alla morale ed alle regole, per limitare i danni di una libertà eccessiva, ma dove Cristo è lontano nel tempo, non è più il Salvatore, ma solo il Maestro di un grande insegnamento morale. Nello stesso tempo la ragione decide di autolimitarsi (Kant e Cartesio) alla sola ragione scientifica e matematica, riconoscendo solo ciò che si può misurare. Così la religione è a-scientifica e, relegata nella dimensione personale, non ha più la forza di costituire un popolo. Si arriva così alla patologia sia della religione, il fondamentalismo, sia della ragione, il nichilismo. E si arriva al multiculturalismo e relativismo odierni, che pretendono di tradurre nelle varie culture soltanto i principi del cristianesimo, slegati dal loro sostegno che è Cristo stesso.
 
Davanti a questo sfacelo il Papa ci invita ad allargare il nostro concetto di ragione, senza negare la cultura moderna, grati per le scoperte scientifiche, per il bene che portano. E termina il suo discorso con le parole: «L'occidente, da molto tempo, è minacciato da questa avversione contro gli interrogativi fondamentali della sua ragione, e così potrebbe subire solo un grande danno. Il coraggio di aprirsi all'ampiezza della ragione, non il rifiuto della sua grandezza - è questo il programma con cui una teologia impegnata nella riflessione sulla fede biblica, entra nella disputa del tempo presente. "Non agire secondo ragione, non agire con il logos, è contrario alla natura di Dio" (...). È a questo grande logos, a questa vastità della ragione, che invitiamo nel dialogo delle culture i nostri interlocutori. Ritrovarla noi stessi sempre di nuovo, è il grande compito dell'università.»
 
Il professor Bolis si chiede: cosa ci vuole dire il Papa? Come è possibile il dialogo delle culture, oggi vitale per noi? Solo se c'è un denominatore comune. Ma se escludiamo positivisticamente il divino dalla vita, alcune culture del mondo si sentono attaccate e lo rifiutano. Ecco quindi che un uso corretto della ragione, non la sua limitazione che tralasci il divino, permette il dialogo. È un approccio favorevole anche all'Islam, non contrario ad esso, come è stato spacciato nella cagnara mediatica artificiosamente scatenata. Ma il dialogo è possibile tra gli uomini, come ragione che parla alla ragione, come cuore che parla ad un altro cuore. Soprattutto nell'accoglienza e nella reciprocità, come disse Giovanni Paolo II in Algeria nel 1984. Questo lo si è visto con evidenza in un recente incontro pubblico tra un teologo cattolico e un professore di islamistica egiziano, che nel porsi le stesse domande fondamentali sulla vita si riconoscono amici fraterni.
 
Come allargare la ragione? Guardando testimoni - come il Papa - che usano la ragione secondo la sua vastità e che mostrano come sia più bello e intenso vivere così.
 
La sfida allora è questa: vivere e testimoniare, innanzitutto a noi stessi, che un uso corretto della ragione fino a riconoscere il Mistero come vero significato della vita, fa amare il destino della moglie, dei figli, degli amici, di tutti. E che questa certezza del "Sì" di Dio all'uomo - conclude don Bolis - non crolla nemmeno davanti alla circostanza di un marito vedovo che resta con i figli piccoli da crescere.
Alfredo Errico

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