La mostra si apre con una sezione introduttiva di carattere storico, non tanto perché - come si insegna a scuola - si deve sempre inquadrare storicamente ciò di cui si parla, quanto per ricostruire, anche se molto sinteticamente, l'origine di Massimiliano Kolbe.
Padre Kolbe è un francescano - dunque un cattolico - di nazionalità polacca: ripercorrendo la storia della Polonia, si nota come l'origine di questa nazione sia proprio radicata nella fede, cioè come il popolo polacco di fatto nasca nel momento in cui abbraccia la fede cattolica. Quando, ai tempi di Napoleone, la Polonia viene smembrata e divisa in tre nazioni, i polacchi conservano una fortissima unità di popolo, tanto è vero che dal 1795 fino al primo dopoguerra - ben più di un secolo - pur non avendo un'identità nazionale, mantengono la loro identità di "polacchi" proprio intorno alla Chiesa Cattolica. E' importante sottolineare anche il fatto che Padre Kolbe sia un francescano, perché quest'ordine - come quello domenicano, a differenza di quello benedettino - vive in stretto contatto con il popolo ed ha tra i suoi compiti principali la diffusione della fede attraverso le Missioni popolari.
Dopo la 1° guerra mondiale, la Polonia viene unificata, ma nel 1939 i tedeschi - dopo il patto stipulato con l'Unione Sovietica - la invadono e si ricongiungono con i sovietici al confine opposto. La Summi Pontificatus, prima enciclica di Pio XII, eletto alla vigilia della guerra, viene pubblicata quando il conflitto è già scoppiato. In essa il Papa afferma che molti innocenti stanno soffrendo, e che tutti i sofferenti trovano accoglienza nel cuore del Papa. Non vi è citata esplicitamente la Polonia, che per la sua fedeltà verso la chiesa e per i suoi meriti nella difesa della civiltà cristiana ha diritto alla simpatia umana e fraterna del mondo. Il Papa tuttavia riconosce la fedeltà che questa nazione ha sempre dimostrato e a causa della quale spesso ha sofferto, ed aggiunge che "la Chiesa sa bene che quando cesserà la guerra e si dovrà ricostruire non si potrà che guardare alla Chiesa stessa. La verità che essa annunzia, la verità che insegna e mette in opera, saranno gli insostituibili consiglieri e cooperatori degli uomini di buona volontà nella ricostruzione di un nuovo mondo". Ed è proprio questo il frutto della vita di Padre Kolbe.
La seconda sezione della mostra presenta la vita di Massimiliano Kolbe. Raimondo, questo è il nome di Padre Kolbe prima di entrare in convento, nasce in un villaggio a Zdunska-Wola, da una famiglia piuttosto povera con cinque figli, due dei quali muoiono dopo la nascita. Raimondo è un ragazzino vivace e molto dotato, tanto che il farmacista di un paese vicino, resosi conto della sua grande intelligenza, decide di pagargli gli studi. Ed anche più avanti, quando ormai Raimondo è in seminario, uno dei suoi insegnanti laici è molto contrariato dal fatto che voglia diventare frate, poiché sostiene che in questo modo la sua intelligenza è sprecata.
C'è un episodio molto importante nella vita di Raimondo su cui è opportuno soffermarsi. Era un bambino di otto, nove anni, ed un giorno, dopo una delle solite marachelle, la madre, molto preoccupata per il suo futuro, si rivolge al figlio chiedendosi cosa ne sarebbe stato di lui. Poi si accorge che Raimondo ha cambiato atteggiamento ed essendo una donna piuttosto rigida chiede al figlio di spiegarle cosa è successo. Raimondo racconta che, dopo il rimprovero della mamma, anche lui si era interrogato sul suo futuro ed aveva rivolto questa domanda alla Madonna, di cui era molto devoto. Maria gli appare portando due corone in mano, una bianca e una rossa. Raimondo le accetta entrambe, consapevole che queste due corone rappresentano la verginità ed il martirio: in un certo senso Padre Kolbe aveva già intuito tutto quello che sarebbe poi avvenuto.
Quando i francescani vengono a predicare le Missioni nel paese della famiglia Kolbe - così si usava e si usa in parte anche adesso - i due fratelli decidono di entrare nel convento francescano di Leopoli. Anche qui Raimondo, che aveva assunto il nome di fra Massimiliano, si distingue per le sue capacità e la sua intelligenza. Dopo aver preso i primi voti, infatti, viene mandato a Roma a studiare, come accadeva per gli studenti più promettenti, che una volta tornati in patria si occupavano dell'educazione dei novizi.
Lo Studentato teologico dei frati a Roma è molto accogliente, ma l'ambiente cittadino manifesta una chiara connotazione anticristiana; non a caso la città sarà teatro di un episodio fortemente anticlericale, che condurrà Massimiliano alla decisione di fondare la Milizia dell'Immacolata. A questo proposito occorre sottolineare che Padre Kolbe è sempre stato uno spirito guerriero; mentre era in convento a Leopoli, infatti, aveva anche pensato che avrebbe potuto servire Cristo in modo più adeguato uscendo dalle mura protette del convento e combattendo con la spada ed il fucile i nemici della Chiesa. Proprio a Roma Massimiliano decide di fondare la Milizia dell'Immacolata, in seguito a due episodi particolari.
Padre Kolbe racconta di avere avuto l'intuizione di fondare la Milizia nel 75° anniversario dell'apparizione della Madonna ad un cero Ratisbon, il quale era formalmente ebreo, ma di fatto ateo. Un giorno un amico gli dona la medaglia della Madonna Miracolosa, una medaglia fatta coniare nel 1930 da suor Caterina Labourrè, che aveva avuto una visione della Madonna e a cui la Vergine stessa aveva chiesto di coniare questa medaglia. Essa reca la scritta "Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te", e la Madonna aveva promesso che avrebbe sostenuto con grazie particolari chi l'avesse portata con fede. Ratisbon probabilmente accettato la medaglia per non offendere l'amico, senza prendere realmente sul serio queste parole, ma un giorno, invece di aspettare l'amico fuori dalla chiesa, vi entra e gli appare la Madonna. In seguito a questa apparizione, si converte.
Il secondo episodio è una sorta di processione blasfema cui fra Massimiliano assiste a Roma nell'anniversario della morte di Giordano Bruno. La manifestazione contro il Papa è organizzata dai massoni, che sbandierano uno stendardo raffigurante S. Michele Arcangelo sotto i piedi di Lucifero trionfatore, e la scritta: "Il diavolo governerà in Vaticano e il Papa lo servirà come guardia svizzera".
Profondamente colpito da questi due episodi, Massimiliano decide di fondare la cosiddetta Milizia dell'Immacolata con altri sei compagni, all'insaputa di tutti, tranne dei superiori. La cosa strabiliante è che lo statuto che scrivono e firmano la sera in cui fondano la Milizia, ha come scopo la conversione di tutto il mondo, come condizione quella di portare la Medaglia Miracolosa e di offrirsi totalmente a lei per la difesa della fede e come mezzi la preghiera alla Madonna e l'uso di tutto ciò che ciascuno, secondo le proprie condizioni, ha a disposizione.
Inizialmente non accade assolutamente nulla, tanto che alcuni dei fondatori pensano di ritirarsi; successivamente due di loro muoiono e Massimiliano sostiene che in essi, finalmente arrivati a "casa", la Milizia ha due protettori speciali: da allora, infatti, essa prende vigore ed il numero degli aderenti aumenta in maniera esponenziale, tanto che ancora oggi se ne contano migliaia. A questo punto la giaculatoria che era scritta intorno alla Medaglia Miracolosa viene modificata dalla Milizia dell'Immacolata, ed assume la forma: " O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te e per quelli che a te non ricorrono, soprattutto per i massoni". (Adesso, in realtà, la giaculatoria recitata dalla Milizia dice: "O Maria, concepita senza peccato, prega per noi che ricorriamo a te e per quelli che a te non ricorrono, soprattutto per i nemici della Chiesa", ma il concetto di fondo rimane il medesimo).
Dopo essere stato ordinato sacerdote ed avere concluso gli studi a Roma, Padre Kolbe torna in Polonia per insegnare ai novizi ma, essendo malato di tubercolosi, dopo poco tempo viene esonerato dall'insegnamento e mandato in sanatorio. Massimiliano non si scompone affatto: anche in sanatorio si può essere missionari. Egli ha cioè coscienza di essere in quel luogo per un disegno preciso, per testimoniare a tutti la sua fede: non a caso la sua permanenza in sanatorio porta numerose conversioni.
Uscito dal sanatorio, Padre Kolbe si rende conto che gli aderenti alla Milizia sono ormai troppo numerosi per organizzare le riunioni, come aveva fatto prima, per settori: i sacerdoti della Milizia, gli studenti della Milizia, ecc... Non esistono infatti sale abbastanza grandi ed anche la famosa sala italiana, dove si trovavano prima, è diventata troppo piccola. Proprio in seguito a queste considerazioni, Massimiliano Kolbe intuisce l'importanza della stampa ed inizia a pensare che essa possa essere il mezzo per diffondere la parola di Cristo attraverso la figura della Madonna (perché il suo scopo è raggiungere Cristo attraverso la Madonna). Siamo intorno al 1920-1922, in un periodo in cui l'inflazione in Polonia è in forte crescita e tutte le testate giornalistiche chiudono: in un simile momento e senza un soldo Padre Kolbe - naturalmente con il permesso dei suoi superiori - avvia il nuovo giornale. Ed anche in questo caso i soldi si trovano: a questo proposito sono stati riportati diversi episodi miracolosi, come quando Massimiliano, dopo aver chiesto l'elemosina ed aver pregato la Madonna, solleva lo sguardo e trova un pacchetto con la scritta "per le tue necessità", lo porta ai superiori e scopre che contiene esattamente la cifra che serve per pagare il primo numero.
Successivamente Massimiliano viene trasferito a Grodno, dove c'è la possibilità di aprire una tipografia nel convento, ma anche lì, dopo pochi anni, lo spazio si rivela insufficiente perché egli non avvia solo un giornale: ci sono il Cavaliere dell'Immacolata, il Piccolo Cavaliere, la rivista per i sacerdoti ed altre ancora.
A questo punto Padre Kolbe decide di fondare una Città dell'Immacolata, cioè un convento dove tutti i frati siano dediti all'opera della Milizia dell'Immacolata, soprattutto attraverso la stampa. Il terreno dove edificare la città viene miracolosamente concesso dal principe Drucki-Lubecki, che aveva risposto negativamente alla prima richiesta perché non si era accordato con i frati superiori. Padre Kolbe, tuttavia, aveva già posto sullo stesso terreno una statua dell'Immacolata, perché almeno i contadini potessero pregare, e chiede al principe di poterla lasciare lì. Quest'ultimo accetta la richiesta e, qualche giorno dopo, manda a chiamare Padre Kolbe e gli regala il terreno: comincia così la grande avventura di Niepokalanów, la Città dell'Immacolata.
In questa mostra sono esposte diverse fotografie relative agli inizi di questa città: si vedono i contadini, i pompieri, un momento di ricreazione, il dentista, ... La Città dell'Immacolata esiste ancora oggi: le altre foto sono più recenti, ma ci sono ancora i pompieri, i contadini, il dentista… Nulla è cambiato: abbiamo volutamente utilizzato fotografie molto simili proprio per mostrare che la vita è sempre la stessa e che lo spirito di Padre Kolbe è presente ancora oggi.
Lo scopo, tuttavia, non è quello di fondare un monastero isolato; questo convento deve servire per diffondere la Milizia e per annunziare il regno di Cristo: non a caso Massimiliano ha una chiara coscienza dell'importanza della missione, com'è tipico del carisma francescano. Per questo motivo decide di partire per il Giappone e per prepararsi al viaggio si reca in pellegrinaggio a Torino dal Cottolengo, ad Assisi, a Lisieux da Santa Teresina e a Lourdes. Solitamente tutti i missionari che riuscivano ad arrivare in Giappone dovevano trascorrere un paio di anni studiando la lingua e la cultura per adattarsi al luogo: Padre Kolbe ed i suoi fratelli, invece, dopo un mese esatto iniziano a diffondere il loro giornale - "Il Cavaliere dell'Immacolata" - scritto in giapponese. Naturalmente non hanno imparato la lingua in un mese, ma sono riusciti, attraverso conoscenze ed amici, a stampare il giornale in giapponese. In Giappone - dove fra l'altro fonda anche "Mugenzai no sono", cioè il Giardino dell'Immacolata - Padre Kolbe incontra molte difficoltà, anche perché alcuni frati non resistono al tipo di vita, che è oggettivamente molto duro.
Nel 1936 Massimiliano viene richiamato in Polonia, e diventa nuovamente superiore di Niepokalanów: nonostante la sua salute molto precaria, Padre Kolbe riesce sempre ad essere l'anima del convento, che raggiunge in questo periodo gli oltre mille frati.
Il 1° settembre del 1939 i tedeschi invadono la Polonia e già il 12 settembre perquisiscono la Città dell'Immacolata, saccheggiando e distruggendo ogni cosa. Dopo una settimana - il 19 settembre - arrestano Padre Kolbe ed alcuni suoi confratelli, che vengono rilasciati proprio il giorno dell'Immacolata. Massimiliano torna subito nel suo convento, da dove i superiori nel frattempo avevano fatto allontanare quasi tutti. Un luogo come quello, tuttavia, con una guida come Padre Kolbe, conosciutissimo ed impegnato nell'editoria, era veramente troppo pericoloso ed infatti egli viene arrestato una seconda volta.
Nel periodo che intercorre fra i due arresti il convento viene requisito; i nazisti consentono la pubblicazione di un numero del Cavaliere dell'Immacolata perché sperano, in questo modo, di persuadere Padre Kolbe a chiedere la cittadinanza tedesca, dato che il suo cognome glielo avrebbe permesso: naturalmente egli stampa il numero della testata, ma non chiede la cittadinanza. Gli accessi al convento requisito vengono sbarrati in modo tale che possano entrare ed uscire solo le persone che hanno il permesso e vi vengono inviati gli sfollati e i polacchi che avevano chiesto la cittadinanza tedesca. Massimiliano accoglie tutti e, quando ha tempo, si spinge fino alla sbarra: non può oltrepassarla, ma va fino in fondo per parlare con le guardie, non per dire loro che devono convertirsi, ma per assicurare che la Madonna sostiene ogni uomo, indipendentemente da come è fatto e da ciò che decide di fare. Maria è la misericordia di Dio; Dio senza la Madonna, sostiene Padre Kolbe, sarebbe solo giustizia, ma attraverso di Lei ci ha dato Gesù Cristo: in questo senso la Madonna è la misericordia di Dio e "per forza" ci vuole bene. Questi episodi possono sembrare "sopra l'umano", e forse lo sono, ma sono al tempo stesso profondamente umani.
Il nostro percorso è ormai arrivato ai fatti che probabilmente tutti conosciamo, cioè al secondo arresto ed alla deportazione di Massimiliano Kolbe ad Auschwitz. Per quanto riguarda questo periodo si è preferito inserire nei pannelli soltanto le testimonianze delle persone che l'hanno conosciuto e quelle presentate sono pochissime rispetto a tutto quello che ci è pervenuto. Padre Massimiliano Kolbe arriva ad Auschwitz nel 1941; in proporzione, il numero delle persone che sono sopravvissute in quegli anni è maggiore rispetto alla media dei sopravvissuti negli altri periodi: qualcuno sostiene che questo fosse un "segno", perché quelle persone avrebbero dovuto testimoniare tutto ciò che era avvenuto.
Vogliamo ricordare in particolare una testimonianza che è davvero esemplare rispetto all'opera di Padre Kolbe nel lager. Un giorno un ragazzo decide di suicidarsi e, disperato, vuole buttarsi contro il filo spinato collegato alla corrente elettrica, Viene tuttavia catturato in tempo e picchiato duramente. Massimiliano Kolbe, venuto a conoscenza dell'episodio, cerca il ragazzo e riesce a dissuaderlo dal suo proposito: non solo egli ha l'energia per vivere ed essere sereno, per offrire il suo pane a quelli che sono con lui, ma ha anche la forza di mostrare agli altri che conviene essere così, che è possibile vivere anche in un lager (come questo ragazzo ha poi testimoniato). Ricordiamo, per esempio, la testimonianza commovente di un sacerdote che racconta: Io mi vergogno, ma quando lui mi ha messo il pane in tasca gli ho detto: "Davvero Padre lei non ha fame?", sapendo bene che non era così.
Si arriva così all'episodio finale della vita di Massimiliano: sicuramente si tratta di un gesto eroico, ma - conoscendo la vita ed il carattere di Padre Kolbe - si intuisce che la sua offerta è stata la naturale conclusione di una vita vissuta alla luce dell'insegnamento della fede. Secondo una testimonianza raccolta durante la prima prigionia, Massimiliano afferma che se avesse voluto andare in carcere per annunciare il Vangelo, avrebbe dovuto preoccuparsi di tanti fattori - dal come entrarvi, al che cosa fare - ora invece è condotto da altri e deve semplicemente stare alla realtà, portando avanti la sua missione. Dopo la prima prigionia, infatti, al momento della liberazione, Padre Kolbe si ricorda di scrivere una lettera alla mamma di uno dei carcerieri, dicendole che il figlio è stato molto gentile, che gli è molto grato e rassicurandola circa la sua salute.
Anche ad Auschwitz Massimiliano manifesta la stessa coscienza di "esserci per testimoniare", per dire a tutti che la Madonna ci sostiene. Un giorno un prigioniero riesce a scappare (forse è semplicemente morto durante i lavori e nessuno lo ha trovato) e, per rappresaglia, il capo del campo decide di uccidere dieci uomini. Padre Kolbe si offre al posto di uno di questi dieci - e già questo fatto ha dello strepitoso - dopo questo gesto, Auschwitz non è più la stessa: che un prigioniero esca dai ranghi e che nessuno gli spari, che possa rompere le righe e che il capo del campo lo ascolti e faccia un passo indietro di fronte a un detenuto, che il comandante accetti il cambio (più logico per loro sarebbe stato uccidere undici uomini anziché dieci) … già questi elementi hanno sconvolto tutti, ancora prima del gesto in sé.
Nella mostra non ci sono foto del lager, c'è soltanto la cella dove è morto Massimiliano, che è l'immagine più significativa del suo sacrificio poiché ritrae il Papa che vi porta il cero pasquale, simbolo della Risurrezione. Ricordiamo che nel giorno della beatificazione di Padre Kolbe, Paolo VI ha affermato che in mezzo alle barbarie del XX° secolo possiamo trovare delle "scintille", la più luminosa delle quali è senz'altro Massimiliano Kolbe. Nella conferenza stampa l'allora Cardinale Wojtyla ha spiegato il motivo di questa affermazione: Padre Kolbe non ha semplicemente salvato una persona (non era neppure certo di riuscire a salvarla), ma ha voluto accompagnare gli altri nove a morire. Così come era stato missionario in sanatorio, in Giappone, nel suo convento ed infine nel lager, egli vuole esserlo anche nel momento più importante della vita di ciascuno di noi, cioè di fronte alla morte, per accompagnare queste persone ad incontrare la Madonna, che li avrebbe poi condotti a Cristo.
Ed infatti in quel luogo dove in genere tutti bestemmiano, urlano e si disperano, si levano canti e preghiere. Non solo, poiché c'è una particolare acustica è possibile sentire questi canti anche nelle altre celle della morte, e molti detenuti rispondono, tanto che a volte sembra di essere in una cappella, come afferma il carceriere, un prigioniero che faceva da interprete, avendo la fortuna di conoscere il tedesco.
Ecco perché il cero pasquale è il segno più significativo dell'offerta di Padre Kolbe, poiché il suo non è stato un gesto di morte, ma una scelta che, come spiega l'ultima sezione, ha generato una vita che arriva fino a noi.
Paolo VI ha beatificato Padre Kolbe come confessore della fede, perché in senso stretto non è un martire: non ha dato la vita per la fede ma per un gesto di carità, quindi è un "martire della carità" o "confessore della fede". Giovanni Paolo II, ascoltando la voce della Chiesa, e soprattutto dell'episcopato della Polonia e della Germania, ha stabilito - per la prima volta nella storia della chiesa - che Massimiliano Kolbe sia venerato non solo come confessore, ma anche come martire: è l'unico santo, per il momento, iscritto in entrambi i registri. Questa era stata la promessa della Madonna: le due corone che egli aveva visto da piccolo sono ora davanti agli occhi di tutti. Questo fatto ha permesso di approfondire il significato del martirio nella Chiesa Cattolica: fino a quel momento, infatti, si considerava martire solo chi moriva di morte violenta per la fede. Come già aveva anticipato S. Agostino, invece, "non la pena, ma la causa della pena fa il martire": per questo la Chiesa può affermare che è martire anche chi soffre a causa della fede e per questa sofferenza muore.
Sono tante le persone che, come Padre Kolbe, sono state incarcerate e sono morte: molte di loro la loro sorte l'hanno subita, ma quanti l'hanno vissuta consapevolmente, cioè hanno offerto la loro vita in questi luoghi, hanno cambiato disegno al dolore, riscattando le sofferenze di tutti.
Il 13 giugno 1999 il Papa, durante una visita in Polonia, ha beatificato oltre 100 "martiri" dei quali abbiamo riportato solo i nomi - non si poteva raccontare la storia di ognuno, anche se sarebbe stato interessante - per sottolineare che sono tutti polacchi, che sono un vero popolo. Tutti hanno perso la vita a causa della fede per mano dei nazisti, c'è gente di tutti i tipi - come ha sottolineato il Papa stesso nell'omelia durante la beatificazione - ci sono ragazzini, ci sono vecchi di oltre 80 anni, c'è una donna che dà la vita al posto della nuora che aspetta un bimbo, ci sono vescovi, c'è gente che nel lager offre il proprio pane... Di solito si pensa il lager, giustamente, come luogo di barbarie, ma anche lì, in qualche modo, Cristo è presente: un modo misterioso, ma al tempo stesso reale, come ci documentano tutte queste storie.
L'ultima parola della mostra, però, è rivolta a noi: sentiamo spesso affermare che questo secolo di barbarie ha distrutto la civiltà, ma occorre andare oltre. Infatti il Papa, nella Incarnationis Mysterium, che è la bolla con cui ha indetto l'Anno Santo del 2000, chiede di non dimenticare la testimonianza dei martiri, cioè di tutti quelli che hanno vissuto con coscienza la loro vita, ed afferma: "Questo secolo che volge al tramonto ha conosciuto numerosissimi martiri, soprattutto a causa del nazismo, del comunismo e delle lotte razziali o tribali. Persone di ogni ceto sociale hanno sofferto per la loro fede, pagando con il sangue lo loro adesione a Cristo e alla Chiesa o affrontando con coraggio interminabili anni di prigionia e di privazioni di ogni genere. Possa il popolo di Dio, rinforzato nella fede dagli esempi di questi autentici campioni di ogni età, lingua e nazionalità, varcare con fiducia la soglia del 3° millennio"
Questo è l'appello che il Papa rivolge a tutti i credenti, ed è effettivamente un augurio pieno di umanità perché come possiamo sperare in qualcosa di buono, dopo gli esempi del XX° secolo, se non perché queste persone ci hanno testimoniato che è possibile "essere positivi" anche in un luogo come Auschwitz?
a cura di Chiara Rossi - testo non rivisto dal relatore -
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