La testimonianza dell'ex segretario di Togliatti, il leader storico del Partito Comunista Italiano.
Il compiersi misterioso del sogno della giovinezza: essere un autentico rivoluzionario.
Un desiderio inseguito tutta la vita, senza sosta. Fino all'imprevedibile incontro che compie l'attesa del cuore.
E la grande scoperta: la vera rivoluzione è il cristianesimo, vissuto nella Chiesa
Le fotografie si riferiscono all'incontro di presentazione del libro "Riscoprirsi Uomo" tenutosi a Gessate (MI) il 19/10/2004
La testimonianza è tratta dal mensile TRACCE - Ottobre 2004
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Finalmente, con voi, un rivoluzionario vero di Massimo Caprara
La mia è stata una conversione in itinere, preparata da un lungo cammino. Negli anni 70 fui colpito da questa folgorazione: c'era qualcuno che diceva, parlando di noi comunisti che pure avevamo rotto col Partito Comunista per la sua dipendenza dall'Urss di Breznev: «voi non siete dei comunisti, voi siete dei conservatori». Lo diceva a noi che avevamo giocato tutta la nostra vita per non essere conservatori. Diceva: «La vera, unica rivoluzione della storia è il cristianesimo». Ragione e fede, quindi, si incontravano. Seppi poi che chi aveva detto questa frase che mi interessò, mi conquistò, mi avvolse, era un piccolo prete che aveva insegnato al liceo Berchet, un prete di Milano che aveva insegnato ai suoi allievi a essere iniziatori di una nuova realtà. Volli essere uno di loro, ma non lo incontrai mai; volli essere uno di loro e oggi sono diventato uno di voi. Quel piccolo prete è don Giussani. Mi domandano spesso: «Che cosa ti ha fatto rompere con il comunismo? Perché hai rotto con il comunismo?». Rispondo: «Ho rotto per don Giussani; soprattutto per quella verità, per quella realtà di don Giussani che proclamava: "Voi siete conservatori, non siete rivoluzionari; rivoluzionario è Cristo"».
Appassionato amore al mondo
Mi convinse quella frase di don Giussani. Quell'amare "appassionatamente" il mondo per poterlo cambiare, per affermare la giustizia. lo sono stato conquistato da questa verità. Non provo nessun odio, non permetterò a me stesso di odiare il mio passato del quale non mi assolvo. Quando lasciai il Pci, Amendola mi disse: «Tu sei uno dei nostri. Tu non hai libertà, dipendi da noi». Questa appartenenza coatta mi sconvolse. Ma io ho voluto essere quello che don Giussani mi ha detto: rivoluzionario. Don Giussani non lo conosco, non l'ho mai incontrato, ma mi è viva la sua parola; ogni giorno mi parla, ci parla, ci sprona e ci educa. Oggi ci invita a ritornare agli aspetti elementari del cristianesimo; ci dice di essere missionari. Ha ragione, questo è il nostro compito e questo è il nostro avvenire. Lo dico io che sono vecchio, ma sono missionario anch'io come voi, in mezzo a voi. Io mi riconosco in don Giussani. Assieme a lui noi tutti ci uniamo e ci liberiamo, riconosciamo nella nostra vita la presenza irresistibile di Dio, la presenza della Sua realtà, della Sua verità, la presenza di Gesù.
Iscritto nel registro dei Battesimi
Dopo la rottura col Pci e la nascita del Manifesto, il mio è stato un grande dolore. La mia sofferenza è stata profonda, vera, sentita. Dopo essere stato radiato dal Partito Comunista ho sofferto, questa è stata la mia realtà. Quel dolore mi ha formato, mi ha formato però insieme a quella frase che ci diceva: «Voi non siete rivoluzionari, voi siete conservatori. Voi siete evidentemente come gli altri». Allora mi è venuto incontro qualche cosa d'altro, mi è venuta incontro dolcemente mia madre. Mia madre è stata una cattolica fervente, non ha mai votato per me, mai! Ma non ha smesso mai di amarmi anche con l'esempio fermo e ostinato di una fede mai imposta. Mia madre è stata un personaggio incredibile e concreto, protettrice del grande convento delle suore di clausura di Santa Margherita Alacoque, a Portici.
Mi ricordo che una volta, nella sede centrale del Partito Comunista, alla vigilia delle elezioni del 18 aprile del 1948, si presentò un prete che disse: «Voglio benedire le Botteghe Oscure». Era un Sabato Santo. Il prete me l'hai poi ricordato ripetutamente, scrivendomi con affetto. Era l'assistente ecclesiastico dei Comitati Civici, allora nostri nemici diretti. Pensate a quelli che stavano a guardia della porta delle Botteghe Oscure - magari erano autentici assassini -, arriva un prete e dice: «Vi voglio benedire». Quel giorno c'ero soltanto io, Togliatti era fuori, ed ero il più alto in grado di tutta la gerarchia dei funzionari del Partito. Quei personaggi alla porta, partigiani, vennero da me e mi dissero: «C'è un prete che ci vuole benedire». Lo guardai anche io un po' sorpreso, perché un prete a via Delle Botteghe Oscure non s'era mai visto. Mi chiusi nel mio ufficio un momento e mi dissi: «Insomma, non so che cosa fare». Fu a quel punto che mi venne incontro dolcemente mia madre che certamente non era presente: mi disse che benedire era cosa giusta e allora io dissi a quel prete: «Benedici le Botteghe Oscure». Lei, mia madre, mi diede il perentorio consiglio, il consenso a benedire le Botteghe Oscure, lei in quel momento ha rinnovato il Battesimo, mi ha ricordato di essere stato battezzato, iscritto in quel registro, di esserci. In fondo, essere in quel registro dei battezzati è la mia vita, è la vostra vita, è la nostra vita, quella di un battezzato che riconosce le parole di don Giussani. Quando don Giussani disse: «Siete dei conservatori, non siete dei rivoluzionari», mi convinse a ragionare, a vivere la vita e per la vita sono uscito dal Partito Comunista, con speranza e fiducia. Sono uscito perché don Giussani me lo ha "ordinato". Io ho soltanto eseguito... l'ho seguito, ho seguito voi, ho seguito tutti noi.
Perché non ci siamo incontrati prima?
Dio sa che il tempo non era ancora maturo. La Sua fantasia è mirabile, Dio sapeva che ero comunista e dovevo essere ancora comunista, andare fino in fondo, non fermarmi a metà. Mi fece una grande impressione un fatto capitatomi attorno agli anni 70. Andai alla Statale di Milano. Abitavo allora a Roma. Andai a Milano per partecipare a un'assemblea aperta. A un certo punto, vidi dei giovani, che non erano comunisti, alzarsi in piedi, tutti quanti per dissentire, la maggioranza erano loro: non erano affatto violenti o agitati, erano come una falange pacifica, si alzarono tutti in piedi e ci dissero che loro erano di Gs. Fui colpito dalla violenza positiva, dall'ardore, dalla vivacità, dalla forza tranquilla e persuasiva che esprimevano. Da quel giorno sono diventato a poco a poco, certamente non di Gs, perché ormai avevo finito l'università... ma uno di loro. E oggi vi dico: «Ci avete salvato». Certamente non posso ringraziare Togliatti, che neppure consultai, anche se quei partigiani pensarono che l'avessi fatto. Dico grazie a Gs, dico grazie a don Giussani che mi ha reso felice perché mi ha dato la vita e la libertà.
La rivoluzione è Cristo
Rivoluzione è una falsa parola. Rivoluzione non è parlare di economia. lI comunista pensa di essere rivoluzionario. In verità non è così. Questo è stato l'approdo al quale ho dovuto arrivare, forse con una unità nuova, diversa, composita, vera, una diversità, una rivoluzione che fosse anche giustizia, sociale e libera, che fosse libertà, che fosse democrazia. Aveva ragione don Giussani quando diceva: «La rivoluzione è Cristo». Questa rivoluzione è la verità, questa rivoluzione che ho imparato con sofferenza, con dolore immenso, perché il comunismo era il contrario della mia vita, della mia libertà, della mia essenza. Quando ho scoperto questo per la prima volta, ho pensato che fosse evidentemente tutto da rifare, ma tutto con una vera libertà nell'essere coscienti, nel sentirsi uomo, nell'essere veramente uomo. Essere rivoluzionari, cioè cambiare il mondo, significa fare come dice don Giussani: «Bisogna essere cristiani. Bisogna essere con Cristo». Questa verità l'ho voluta, l'ho incontrata e l'ho vissuta. Così sono come vuole don Giussani: un rivoluzionario vero, un rivoluzionario della mia libertà e della mia passione, finalmente un rivoluzionario completo, con voi nella Chiesa guidata dal pastore di anime più nobile e alto che abbia il nostro tempo: il Papa polacco, che è campione della fede e della forza, senza divisioni, senza eserciti armati, con una preparazione profonda di idee forti, che ha fatto vincere idee forti. La vostra forza è essere cristiani, la vostra forza è essere cattolici. Questa è la nostra forza.
Una confidenza
Da quando tanti anni fa ho sentito don Giussani dire quella frase sulla vera rivoluzione vi ho amato, vi ho amato senza saperlo, senza volerlo, o forse volendolo. Ma sono stato evidentemente troppo debole, troppo inefficiente, troppo colpevole. Oggi vi amo consapevolmente e vi chiedo di fare altrettanto, di avere tolleranza, pazienza, bontà nei miei confronti, lo stesso amore che io ho avuto per voi. Del resto, oggi voi siete il mio mondo, la mia realtà, siete il mio essere. E badate: sentirete ancora parlare di me, non ho smesso ancora di esserci, non ho smesso ancora di volere contare, di volere battermi, di volere essere un rivoluzionario.
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