Vagliate ogni cosa
e trattenete ciò che vale

Perché un Centro Culturale a Melzo?

"Vagliate ogni cosa e trattenete ciò che vale"
In questa frase di S. Paolo si può condensare il significato e la prospettiva di lavoro del nostro Centro Culturale: incontrare la realtà in tutti i suoi aspetti, secondo le circostanze storiche, sociali nelle quali ci si presenta, e predisporre per noi e per tutti occasioni di comprensione e di giudizio.
 
Al momento della fondazione del Centro, dicevamo che la cultura, per non essere strumentale, deve essere restituita alla gente e alle libere forme di aggregazione di persone. I problemi non sono mai su scala soltanto locale: ma anche nella nostra città si può creare un luogo che consenta di affrontarli insieme.
 
A distanza di anni, questa intenzione non solo viene ribadita ma confermata dall'esperienza vissuta, fatta di numerose iniziative ma soprattutto di tanti incontri con persone appassionate della vita.


Perché Marcello Candia?

dall'Editoriale di Icaro n° 5
Quando abbiamo deciso di legare il Centro Culturale al nome di Marcello Candia, avevamo ben presente che si trattava di una figura straordinaria.
 
Avevamo sentito parlare di lui da gente che l'aveva conosciuto, avevamo visto qualche spezzone di intervista in TV e, soprattutto, avevamo letto quanto avevano scritto di lui i suoi due biografi (e amici) Piero Gheddo e Giorgio Torelli.
 
Non immaginavamo tuttavia di trovarci in breve tempo a dover completare l'intestazione del Centro premettendo al nome e cognome l'aggettivo "santo". E' accaduto invece che il processo di canonizzazione di Marcello Candia sia già in corso, aperto ufficialmente dal card. Martini il 12 gennaio 1991 e con la prospettiva di concludersi, fra qualche anno, positivamente.
 
Abbiamo anche scoperto di essere, per ora, l'unico Centro Culturale in Italia a denominarsi in tal modo; così almeno risulta ai responsabili della Fondazione Candia, con i quali siamo entrati in contatto. Ci sono diverse associazioni e istituzioni caritative che hanno scelto questo nome, ma nessun Centro Culturale.
 
Sono circostanze di fronte alle quali non possiamo restare indifferenti, e neppure limitarci ad un generico senso di soddisfazione. Siamo chiamati anzitutto a ricomprendere il senso profondo di quella denominazione.
 
Fin dall'inizio ci era sembrato che il nome di Candia esprimesse bene la nostra idea di Centro Culturale: non esibizione accademica, nè club dove spendere un po' di tempo libero; piuttosto un luogo di incontro dove approfondire le proprie ragioni di vita per poter poi operare nella realtà. Candia era un uomo di cultura (aveva ben tre lauree: chimica, farmacia e biologia) proiettato nell'azione: sia negli anni vissuti lavorando in Italia, sia nella grandiosa esperienza in Brasile.
 
Una seconda riflessione riguarda il movente che ha consentito a Candia di vivere come ha vissuto, lasciando un segno che la Chiesa si appresta a riconoscere come parte essenziale del suo mistero. Non era un filantropo e neppure un teorizzatore di nuovi modelli sociali. Era la sua statura di uomo di fede che lo ha mosso quando si è impegnato nella San Vincenzo, da giovane, come quando è andato a costruire lebbrosari in America Latina. Certo una fede non pietistica né confinata nel chiuso dei riti religiosi. Una fede che affrontava i problemi della realtà: tutti, dalla gestione di un'industria, all'assistenza verso i più poveri; ma con quella sua logica precisa che spesso non coincide con l'opinione comune.
 
La terza riflessione è la più impegnativa per noi. Infatti d'ora in poi, il nome del Centro diventerà come un pungolo, una provocazione continua a ricordarci che il mondo ha bisogno di una ripresa culturale ma questa può nascere solo dal coinvolgimento personale. E se parte dalla persona, poco o tanto genera opere e trasforma la società.


Il valore della cultura
L'augurio di Mons. Gervasio Gestori, già prevosto di Melzo, ora Vescovo di S. Benedetto del Tronto

È con grande simpatia che guardo alla nascita del Centro Culturale "Marcello Candia" a Melzo, perché la cultura è valore, promozione umana, ricerca di verità, e tutto questo non può essere se non in linea con le essenziali esigenze della fede cristiana. Infatti la fede autentica in Cristo non teme la cultura; anzi la ricerca, la promuove, la qualifica. La fede cristiana da sempre, basta conoscere un poco di storia, ha saputo creare centri di studio e capolavori d'arte capaci di sfidare i secoli. Piuttosto, la fede cristiana ha paura dell'ignoranza, soprattutto se pretenziosa e superba: questa sì fa a pugni col vangelo e ritarda il progresso umano vero.
 
Qui occorre dire che non tutto ciò che passa per cultura fa parte della cultura. La cultura non è moda, non si esaurisce nell'effimero, non coincide col consumismo, non è la capacità di imporsi con la forza dei mass media o della politica, e nemmeno è la genericità inconcludente o roboante delle molte parole dei recitatori di fumo.
 
"La cultura - dice Giovanni Paolo II - è ciò per cui l'uomo in quanto uomo diventa più uomo".
 
È una definizione profondamente laica, nel senso di razionale, ma anche perfettamente cristiana, perché non si dà autentico progresso umano senza un esatto rapporto con Dio, e quindi senza una dimensione religiosa.
 
Da qui la stretta relazione esistente tra la vera cultura e la fede cristiana: una fede che rimuovesse l'umano sarebbe astratta, cadrebbe nell'a-storicità, si condannerebbe all'inutilità e diventerebbe infedele alla Parola di Dio incarnata in Cristo.
 
Come anche una cultura, che prescindesse dalla dimensione religiosa, si condannerebbe all'autolimitazione, ed una cultura italiana che dimenticasse il Cattolicesimo sarebbe unilaterale e si presenterebbe come incapace di cogliere tutta la realtà del nostro paese.
 
In positivo, potremmo anche affermare che la sintesi tra fede e cultura è necessaria per la completezza del pensare e del vivere dell'uomo, che da essere unitario non deve scindersi interiormente con alienazioni generanti tanta insoddisfazione, ne deve separare il proprio pensare dal proprio credere, con assurde contorsioni intellettuali, pur nel rispetto delle reciproche autonomie della fede e della ragione.
 
Queste veloci riflessioni portano anche alla necessità di fare sintesi tra cultura e vita, dal momento che una cultura che non si traduce in scelte esistenziali è soltanto qualcosa di accademico e di astratto, anzi, nemmeno può considerarsi vera cultura, ma solo nozionismo, se è incapace di generare vita.
 
Tale esigenza di concretezza fa sì che la cultura debba essere considerata come estremamente importante in vista di un miglioramento qualitativo dell'individuo e della società.
 
Per cui da questo Centro Culturale c'è da attendersi più di un risultato per la nostra città di Melzo. Allora non solo con grandissima simpatia guardo al "Marcello Candia", ma anche e soprattutto con viva speranza.

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